domenica 30 dicembre 2012

Un ricordo

Ricordo questa donna minuscola, vestita di abiti che manco nell'ottocento, tutta pizzi e merletti. I capelli cotonatissimi, con riflessi che a me parevano violacei. Non poteva pesare più di quaranta chili, non arrivava al metro e cinquanta con i tacchi. Era li, sola, davanti al nastro bagagli di Linate. Aspettava la valigia, come io la mia.

Era identica alle sue foto sui giornali. Aveva ricevuto il nobel pochi anni prima, era uno dei vanti dell'ingegno italiano, anche se la fetta grossa della sua ricerca l'aveva fatta all'estero.
Mi guardai attorno, per capire se avesse con sé un assistente, un segretario, una badante, qualcuno. Nessuno. Giravano le valige sul nastro. Ad un certo punto la vidi partire decisa verso un baule di dimensioni sconsiderate. A occhio la valigia pesava molto più di lei. Mi precipitai - professoressa, permette, faccio io. E' questa la sua, vero? - si, la ringrazio molto, ben gentile!

Tirai giù dal nastro il suo bagaglio, e lo cacciai sul suo carrello. "La ringrazio, giovanotto" "si figuri, professoressa, mi permetta di stringerle la mano. Non capita tutti i giorni di incontrare un premio Nobel".
La donnina si schernì, mi diede la mano e mi guardo dello sguardo tipico di chi ci vede pochissimo. Pochi secondi, poi prese il suo carrello con l'orrendo bagaglio e fece per partire. "Vuole che la aiuti?" "No, no, giovanotto. Ho solo 84 anni, me la cavo benissimo da sola!" rise, alzò le braccia per prendere il manubrio del carrello, e si avviò all'uscita. Presi la mia valigia e la seguii, per assicurarmi che agli arrivi ci fosse qualcuno ad aspettarla.

Così ricordo Rita Levi Montalcini


giovedì 27 dicembre 2012

Lo schiacciapatate

Mi dispiace. E' una delle frasi che mi fa andare più in bestia, sia quando la pronuncio io, sia quando sono gli altri a farlo. E' la rassegnazione di fronte a qualcosa che non si può cambiare, ma spesso è la rinuncia a fare ciò che bisognerebbe fare, per apatia, per malavoglia o per paura.

Se ti dispiace, fai qualcosa, cazzo. Me lo ripeto sempre ogni volta che queste due parole mi spuntano sulle labbra. Dire che ti dispiace e poi non far nulla, non dir nulla, è pilatesco. Se non sai che fare, chiedi se puoi fare qualcosa. Se sai cosa fare, fallo, anche se costa fatica. Altrimenti non dir nulla. E' meglio.

Mi dispiace. Ho fatto i passatelli, e quando son stato per passarli nello schiacciapatate ho scoperto che nella divisione delle cose è rimasto alla mia ex. Avevo voglia di passatelli, ho voglia di passatelli. Mi dispiace. Ho preso e son tornato al supermercato. Non l'avevano. Mi dispiace. Sono andato al negozio di casalinghi. Chiuso. Mi dispiace. Son tornato a casa. Ho avvolto l'impasto in un canovaccio e l'ho messo in frigo. Mi dispiace. No, ora non è momento da mi dispiace. E' momento da fanculo a me, che non ho guardato se avevo tutto ciò che serviva. E' momento di fanculo a tutti i mi dispiace senza costrutto.

Con il passatello si rimedia facile. Altre cose, forse, non si rimediano più. Infatti, nei baci Perugina, c'è scritto: amore vuol dire non dover mai dire mi dispiace. E se lo dicono loro....

lunedì 24 dicembre 2012

Alitalia e l'assurdo

Era l'agosto del 2008, e scrissi, nel blog della mia amica ilprimopasso, questo post a conclusione di una piccola serie dedicata alla vicenda Alitalia.

Non credo di avere facoltà divinatorie, e non sono né un economista di professione, né un giornalista di carta stampata, di quelli che sanno fare il loro mestiere e non sono servi di qualcuno. Semplicemente guardo i fatti, e ragiono. Bene, di quel mio scritto di 4 anni fa non c'è una previsione che non si sia avverata. Oggi Alitalia è nuovamente sull'orlo del fallimento, nonostante il protezionismo, nonostante che i debiti della pregressa siano rimasti tutti sul gobbone degli italiani (e non siano stati pagati... tant'è che ci sono inchieste della magistratura al riguardo, dopo che il commissario governativo è stato frettolosamente licenziato per essere sostituito con tre specchiate persone che ne hanno combinato peggio di Bertoldo in Francia), nonostante il doppio degli esuberi previsti dal piano Prodi affossato da Berlusconi, nonostante che dalla cessione della parte buona di Alitalia lo stato non abbia incassato quasi nulla ma si sia preso in carico tutti i debiti.....

Insomma, il salvataggio Alitalia, sponsorizzato da Berlusconi (uno dei cardini su cui costruì la campagna elettorale scorsa, meglio ricordarselo no?) si è rilevato un buco da più di 4 miliardi per lo stato, e il risultato finale sarà che Air France si prenderà ciò che rimane con poche centinaia di milioni (peraltro da pagare ai "capitani coraggiosi", mica allo stato).

Quando sento la nuova campagna elettorale dell'ex premier (quello che ospitava con un teatrino da circo equestre il colonnello Gheddafi, con contorno di sgallettate a far la comparsata, ricordiamocelo...) non posso non pensare che Alitalia è un altro baratro, peggio del ponte di Messina (a proposito, dovremo dare all'Impregilo una mancetta da 500-600 milioni per non farlo... anche questo un regalo di mr B.). Insomma, mentre lo sento vantare cose buone da lui fatte - vere o false che siano - non posso non mettermi a contare i soldi buttati a botte di miliardi grazie alle sue scelte scriteriate.

Un appello a tutti coloro che votano a destra: per favore, ricordatevene. Ci deve essere un'altra destra possibile. Non rivotate questo incapace presuntuoso e furbetto. Una volta si diceva che questo era pregiudizio (invece era capacità di leggere), oggi si tratta solo di lettura dei fatti.

domenica 23 dicembre 2012

Regali di natale

Ecco fatto, i pacchi sono al loro posto, sotto l'albero. I regali per le nipoti, per i miei vecchi, per mia sorella. Per gli amici.

Dispongo tutto sotto l'albero, un po' tristolino. Mi ricorda gli ultimi natali, non precisamente stupendi. Eppure fare l'albero è quasi un dovere che mi impongo. Non è per far contenti figli che non ho, non è per addobbare la casa. E', in fondo, per darmi da solo il calore di queste feste.

Ma non ce n'è bisogno. Presenze discrete, attente, mi fanno sentire che c'è chi pensa a me. Ogni persona con la propria personalità, con la propria sicurezza, con il proprio modo di esserci. Nel silenzio del mio appartamento, accendo una candela per rappresentare tutti questi affetti.

E alla luce della fiamma, scorgo sotto l'albero un pacchetto che non ho messo io. Lo aggiungerò agli altri. Quelli dei giorni, dei mesi, degli anni della mia vita.


venerdì 21 dicembre 2012

Extraterrestre, portami via

Una delle cose più noiose dell'invecchiare è che riconosci i pattern comportamentali. Impari a capire dal linguaggio del corpo, della voce, delle pause. Impari dalle cose dette, e dalle omissioni. Dalle dimenticanze e dalle sottolineature.

E una volta che hai imparato, riconosci. All'inizio questa capacità predittiva ti inorgogliva, ti stupivi di te stesso. Poi, con cinismo, ti sei reso conto che siamo tutti molto meno speciali di quello che crediamo, che seguiamo schemi usuali, salvo rarissime eccezioni, e che quindi, con un minimo di attenzione, siamo prevedibili.

A questo punto all'orgoglio si sostituisce la noia. La noia che subentra quando conosci la battuta seguente, quando sai come si svolge la trama. Quando puoi anticipare tempi, frasi, comportamenti, come se la sceneggiatura l'avessi scritta tu, e la stessero recitando per te.

Cerchi di convincere te stesso che il mondo può essere diverso dalle tue previsioni. Ti ci attacchi a questa idea, non tanto per augurare a te stesso qualcosa di diverso, ma per vedere qualcosa di nuovo, di originale, di sorprendente. Non ci credi, ma ti piacerebbe, così come sarebbe bello che esistessero gli extraterrestri anche se credi che non sarebbe mai possibile incontrarli.

Ecco, vorrei potermi stupire, sorprendermi. Un bel colpo di scena, il mondo che ti si ribalta fra le mani, le chiavi di lettura da ricostruire. L'extraterrestre che ti porta via.


martedì 11 dicembre 2012

Note di cristallo

Freddo, tosse, naso chiuso. Ma dopo una giornata pesante, l'idea di ciò che mi aspettava mi rendeva felice. Scesi dal metrò una fermata prima, in Cordusio, per godermi con tranquillità la serata. Invece di andare dritto alla meta, presi via Broletto, mi fermai come un bambino a rimirare la vetrina della biblioteca del mare, il suo pavimento di legno che scricchiola, i magnifici libri ed oggetti marini in vendita. Mi ripromisi di farci un giro, molto presto.
Scelsi un bar per un panino. Una telefonata con un ex collega, due sms, una birretta per accompagnare un panino troppo pasticciato, ma veramente gustoso. E poi una veloce camminata nelle viuzze, via Filodrammatici, piazzetta Cuccia, il porticato del teatro. Ritirai il biglietto.

Con studiata lentezza mi gustai lo spostamento in piazza, ed entrai alla Scala. Mancava ancora molto all'inizio dello spettacolo, ma volevo godermi con calma la sala, dalla mia poltrona di platea, praticamente sotto il pianoforte. Gli spettatori arrivarono con la solita lentezza, e con abiti da gran sera. L'appuntamento, per me, era gustoso: da tempo ambivo ascoltare questo pianista, del cui Bach si parla un gran bene, e il programma della serata sembrava fatto apposta. Per questo avevo gioito di quel posto così prezioso, nel punto migliore per la sonorità alquanto discutibile della Scala.
L'accordatore del teatro armeggiava attorno allo Steinway, usando solamente il suo orecchio assoluto. Mi accorsi con stupore che riuscivo ancora a sentire le piccole devianze di accordatura, nonostante che il mio udito non sia più quello di ragazzo, quando mi facevo l'accordatura da solo.

E infine arrivò Ramin Bahrami. Infagottato nel frac da concerto, che fungeva da caricatura sul suo fisico brevilineo. Si sedette, e cominciò a stupirmi. Ottima tecnica, ma finalmente una capacità di espressione contrappuntistica cristallina, come non mi era mai capitato dal vivo in concerto. Il suo Bach era veramente splendido, note come perle, etichettate ed allineate con cura ed arte, richiami fra i temi e i ritmi, un uso moderatissimo del pedale, solo per dar volume e non per legare, evitando così l'effetto "panforte" che uccide la maggior parte delle interpretazioni bachiane che ho sentito finora dal vivo.

Bahrami non si fermava mai. Ad ogni fine brano le braccia lo trascinavano in alto, lui piccolo uomo dal lungo naso iraniano. In piedi, accanto al pianoforte, a ringraziare gli applausi di una Scala prima fredda, poi via via più convinta. La suite inglese interpretata con abilità ed intelligenza, a chiudere una prima parte troppo affaticante anche per un folletto come lui.
Breve intervallo, e poi una corta seconda parte con il concerto italiano, forse troppo marcato nella ritmica, ma con le note meravigliosamente sgranate come chicchi di melagrana.

La sera, dopo, non sembrava così fredda.


venerdì 7 dicembre 2012

Addormentarsi

La pista è corta, e in fondo c'è il Vesuvio. Per questo i motori sono spinti inusitatamente, e la salita è più vicina al rateo di salita ripida piuttosto che a quello di rapida. Il rumore dell'attuatore che ritrae gli ipersostentatori, mentre l'aereo si infila nelle nubi che stazionano sulla città.
Faccio appena a tempo a cogliere la magnificenza di un convento sterminato (munastero e santa Chiara? mah...) annegato in un brano della città che avvolge un'altura, e la bambagia della nebbia avvolge l'aereo.
Vedo la pioggia sferzare l'ala, l'acqua finire nella ventola del compressore. Faccio un rapido calcolo, dovremmo trovarci a zero gradi, anche un po' meno, con tutta quell'umidità lì.. pericolo di formazione di ghiaccio. Osservo il bordo d'attacco, che effettivamente si sta velando. L'aereo cambia assetto, il ghiaccio svanisce velocemente. Anche il velo sulla carenatura della presa d'aria del motore si dilegua in qualche secondo. Ecco, dovremmo essere fuori dalla nube, ora.

Ci allontaniamo da Napoli, il cielo limpido sopra il mare di nubi, che via via che ci si avvicina a Milano svaniscono in una sera decembrina. L'aereo si avvicina a terra, le Apuane li sotto spruzzate di neve, e poi la coperta patchwork dei campi arati, pronti per il riposo invernale. Tante sfumature di marrone, secondo il colore della terra, la direzione di aratura, la coltivazione di ciascun appezzamento. Un delicato mosaico di lavoro, di speranza, di vita, inghirlandato dalle ombre lunghissime dei pioppi, sdraiate sui campi.

Sera che arriva mentre l'aereo atterra su Linate. Vita che dorme nei campi, e pulsa nel traffico delle vie qui sotto, la barriera di Melegnano li sotto, con la lunga teoria di mezzi che percorrono l'autosole. Le piante spoglie, ormai, si avvicinano, solo alcune hanno macchie di colore giallo accesso ancora indosso, di una bellezza sconcertante.

Ripenso a questo volo, alla bellezza dell'addormentarsi dei campi, ora che mi ha raggiunto la notizia. Sei andata, la malattia ha vinto. Hai penato da luglio, adesso è il momento che ti riposi. E' sempre troppo presto quando arriva questo momento, ma tu ne avevi diritto, ora. Buon riposo, Loredana.

venerdì 30 novembre 2012

Sotto l'albero

A volte si rinasce dalle ceneri. E questa può essere una bella notizia.

Il mio ex collega di cui parlavo qui ha trovato una nuova posizione, dello stesso livello di quella che occupava nell'azienda dove lavoro io. Ne sono più che felice, anche se dal punto di vista del business trovarmelo nel campo del concorrente mi da un po' di fastidio visto che in due o tre trattative importanti conosce per filo e per segno i nostri punti di forza e soprattutto quelli di debolezza. Ma questa situazione non l'ha certo scelta e costruita lui, quindi va bene così. In più, almeno dal punto di vista economico, questa storia la chiuderà con un bel gruzzoletto non atteso in tasca - che sicuramente non può che fargli del bene.

Non l'ho chiamato per congratularmi. Alla fine, penso che anche per lui sia un'altra cosa lavorare in un contesto dove la stima reciproca e l'affetto vergognoso di manifestarsi sia un'altra cosa....
E comunque, buon Natale, Domenico



giovedì 29 novembre 2012

Viaggiando fra me e me

Il silenzio delle cinque del mattino nella mia città. Mi fermo al bancomat, spengo il motore, scendo. C'è solo il rumore del mio respiro e come un ticchettio forte. Guardo la strada umida, illuminata dai lampioni, e capisco: sono le foglie che cadono, fanno rumore. Un rumore discreto, che non senti mai di giorno, ma che di notte è distinto, secco, chiaro.
E' una magia la strada di città di notte. Il silenzio "tondo". Quasi quasi fra qualche giorno mi alzo di nuovo alle quattro e mezza per gustarmi di nuovo la magia....

Arrivo all'aeroporto, e la magia si rompe. Piove. Luci. Rumori di arrivi e partenze, di questo periodo quasi sempre per lavoro, eppure ci sono anche allegre comitive di fortunati baby pensionati, che vivono felici la loro esistenza di panda che la società non può più salvare, con la differenza che i panda sacrificati saremo noi, la nostra generazione e quelle seguenti.

Arrivo a Parigi che sono le otto. Buio ancora, ma non piove. Solito tragitto interminabile in taxi, che mi costa più del biglietto aereo. Il cielo di Parigi è il cielo di Parigi che ci si aspetta: quel color piombo chiaro, peltro direi, che sembra sempre che debba piovere ed invece lo fa diverse volte al giorno, ma poco, quasi senza farsi notare. Solo la strada è sempre bagnata, per ricordarti che sta piovendo alla parigina. Ma io, abituato alle piogge padane a scroscio, esco pure in giacca, perché anche il soprabito mi sembra di troppo.

Mi fa uno strano effetto questa città. Non il suo centro, la Ville, l'Ile de la Cité, snob ed altezzosa. No, la città pulsante, quella delle banlieues, ciascuna con la sua connotazione. Lo stile tutto francese, fatto di complicazioni superflue e colpi di genio, di gusto anche cattivo sbattuto in faccia fino a diventare icona. Lo svincolo vicino all'ufficio così complicato che quello assurdo di Cascina Gobba sembra cartesiano al confronto.



E l'albergo. Caro, come si conviene, ma composto da quell'incrocio assurdo di pretenziosità ed economicità che caratterizza molte catene francesi. Il bagno che sembra quello di una barca, stessi materiali, stessa esecuzione: una stampata in vetroresina, con finte doghe di legno come pavimento. I rumori sono gli stessi, solo gli spazi sono (leggermente) superiori... Tentativo di esotismo incrociato con l'esigenza di standardizzare, ridurre i costi e velocizzare costruzione e manutenzione. Risultato dubbio.....











E poi riparto. E' quasi natale, e si vede... l'aeroporto è addobbato in modo non proprio minimalista, diciamo che si potrebbe fare qualcosa di più sobrio, voi che ne dite?

martedì 20 novembre 2012

Credibile come la storia della cicogna

Il sequestro Spinelli, se ce ne fosse bisogno, aiuta a gettare altre ombre sulla figura non certo limpida del nostro ex Presidente del Consiglio.
I fatti, come sono stati raccontati finora, sono questi: il mese scorso il ragionier Spinelli - cassiere di Berlusconi e ufficiale pagatore del nugolo di giovani donne che popola la vita dell'ex premier - viene aggredito mentre rientra a casa sua da una banda di malviventi e sequestrato una notte in casa sua. Al mattino i sequestratori salutano cordialmente e se ne vanno, lasciando che qualche minuto dopo arrivi un manipolo di gorilla mandati da Berlusconi a rilevare Spinelli e consorte. Però il sequestro non viene denunciato se non due giorni più tardi, e in questo lasso di tempo Berlusconi cancella ogni impegno costituzionale, adducendo un'influenza che ricorda alcune simili malattie sovietiche degli anni che furono.
Trapela che i sequestratori, già che ci sono, vogliano pigliare due piccioni con una fava e vendere al Cavaliere anche un po' di documenti scottanti a suo favore riguardo all'affare Lodo Mondadori, dove la giustizia italiana ha dato il peggio di sé, riuscendo a condannare Previti per corruzione, ma non Berlusconi quale mandante, pur condannandolo ad un maxi risarcimento come indennizzo per l'appropriazione indebita della società.

Ora, anche armati delle migliori intenzioni, la storia è credibile come quella della cicogna. Non si è mai visto nella storia un rapimento con segregazione a domicilio - un rischio enorme da correre, evitabile con facilità. Ancor più incredibile che i sequestratori, avendo fatto parlare Spinelli con Berlusconi il mattino seguente, se ne vadano salutando, sicuri di aver ottenuto ciò che desideravano (cosa? un riscatto? un contatto con l'ex premier? documenti?). Spinelli, appena libero che fa? va da Berlusconi, e si ricorda di denunciare il tutto solo dopo due giorni, durante i quali il suo principale sparisce da ogni impegno, e l'onnipresente Ghedini si mette a lavorare. Insomma, come dicono dalle mie parti, la riscostruzione "se l'è vera l'è na gran bala".

Cosa ci sia dietro tutto questo non lo so. Che tutta la faccenda puzzi di falso da cima a fondo penso non lasci dubbi a nessuno. Che obblighi la Procura di Milano a riaprire l'inchiesta sul Lodo Mondadori per accertarsi che i presunti documenti esistano è altrettanto sicuro (e chissà mai che questo non porti a riconsiderare il processo civile in corso e bloccare il maxi risarcimento?). Per il resto si può continuare solo a pensare che la pulizia, da tempo, non abiti più da queste parti.

martedì 13 novembre 2012

Nulla di nuovo sotto il sole

E parliamo un poco del nuovo che avanza nella politica italiana. Parliamo del grillismo, del movimento 5 stelle, di quella che chiamano antipolitica, oppure - a mio avviso più correttamente - reazione alla politica da latrina che ci ha ammorbato negli ultimi 20 anni, da destra (soprattutto) e da sinistra (pesantemente).

Il nuovo che avanza, dicevo. La politica dal basso. Il web che si esprime, in un happening che non può non scaldare il cuore a chi aveva vissuto la stagione della fantasia al potere. Ragione da vendere sulla protesta verso questa politica - ma diciamolo, è facile protestare contro questo spettacolo da basso impero. Spettacolo, tanto - Grillo è sempre stato un bel animale da palco, fin da quando faceva il comico in televisione. Proposte, un tantino di meno, ecco, ma allineate con l'assenza di proposte della politica tradizionale.

La grossa variante rispetto alla politica tradizionale dovrebbe essere la crescita dal basso delle proposte politiche, il web che si esprime. La realtà non sembra essere così: pare più un'emanazione delle idee dall'alto verso il web plaudente - una versione tecnologica del balcone di piazza Venezia. Queste però sono sempre state opinioni mie personali, ogni giorno ci viene detto che no, il M5S è una forza che cresce dal basso, dal cittadino per il cittadino....

Questo fino ad oggi, quando viene pubblicata questa lettera. Siccome si tratta di una lettera che scotta, temo che resterà poco sul web, e quindi ne riporto il brano saliente, ripetuto nel suo concetto essenziale due volte: il "marchio" registrato MoVimento 5 Stelle appartiene in via esclusiva al signor Giuseppe Grillo detto Beppe. Il significato è ben chiaro: il M5S è proprietà privata di Beppe Grillo. Mentre il termine "grillino" non è depositato, e quindi non è questionabile, il nome "movimento cinque stelle" è un marchio registrato, e come tale ha un proprietario. Non c'è quindi possibilità di discussione all'interno del M5S: esiste un signore che decide sul da farsi, per via legale, come dimostrato dalla lettera dell'avvocato che ho allegato.

Ora, si diceva che Forza Italia fosse un partito azienda, con un proprietario. Bene, ora sappiamo, atti pubblici alla mano, che il nuovo che avanza ha il sapore del vecchio. Invece del cerone abbiamo il turpiloquio, non sappiamo bene a questo punto quale sia il disegno che sostiene il progetto, ma il metodo è simile.

Nulla di nuovo sotto il sole.


giovedì 8 novembre 2012

Suggestioni autunnali

Vaghi nel parco, una giornata novembrina di pioggerella e foschia tenue ti avvolge. La stagione sembra finalmente imboccare la strada delle castagne e delle foglie secche, dei ricordi dei cappotti che per le feste dei morti uscivano dall'armadio.

Le feste dei morti: ricordi ancora il 66. Era sera, una telefonata a casa, nella casa della pianura, per mio padre. Alluvione, emergenza. Tutti in auto, si torna in valle. Pioggia scrosciante quella sera, fiume scuro. Improvvisamente il ponte non c'è più. Strada bloccata.
Telefonata.
Parte una Campagnola, guada il torrente più a monte, ci viene a prendere. Ricordo un plaid, mia sorella di due anni ed io avvolti, deposti sul sedile dietro, insieme alle borse. Il fuoristrada che guada di nuovo il torrente, ci porta a casa. Ci arrivo addormentato, manco me ne accorgo.

Qualche giorno dopo, l'alluvione a Firenze.




Per fortuna quest'anno non è così. Piove così finemente che quasi non sembra, ma l'umido ti penetra. Eppure è quasi bello sentire i rumori che indossano la sordina, che dolcemente si attenuano, quasi si adattano al tempo che induce al silenzio.



Poi, improvvisamente, senti un suono. Un flauto. Rimani ad ascoltare. Cerchi di capire da dove proviene. Ti attira, ti avvolge, ti dice di seguirlo.
Che è questa forza che ti attrae? Che è questa sensazione di pacata sicurezza? Cerchi di capire, ma in fondo sai benissimo di che si tratta. E ti lasci scivolare sereno in questo richiamo, segui questo canto che ti è sconosciuto e famigliare, che finalmente senti di saper seguire pur imparandolo in quel momento, perché scopri che è parte del tuo sentire.

Ti stringi nel giubbotto, sorridi. Non ti è mai piaciuto così tanto l'autunno...


mercoledì 31 ottobre 2012

C'era una volta la Lancia

Sui giornali d'oggi si annuncia la fine annunciata del marchio Lancia. Una fine che si assapora da tempo, da quando la gamma veicoli si è via via impoverita in quantità e qualità, fino ad arrivare alla tristezza odierna.

Eppure... ritorno a quando ero bimbo. Quando nacqui, mio padre cambiò la Topolino con una Appia usata. Non ricordo molto di quell'auto, a onor del vero. Solo un'auto grigia, dei sedili che mi sembra di ricordare di cuoio, tanto che il sedile posteriore, per me, era coperto da un plaid per non farmi sentire il freddo d'inverno (e forse per non farmi sconciare la pelle....). Mia mamma, cinquant'anni dopo ne vanta ancora le virtù, dicendo che nella Appia si "sentiva in auto".




Poco più grande, avevo otto-dieci anni, la bellissima fulvia coupé, un'auto che farebbe girare la testa ancora oggi (e mi domando come si potesse entrar li dentro senza soffrire di claustrofobia....). Mi ricordo le epopee di Munari, con la Fulvia HF al rally di Montecarlo, e l'ammirazione ogni volta che una vera HF passava per strada. E la Stratos, che pure era figlia delle sinergie Fiat: un puledro di razza, un'auto che era emozionante anche da ferma....

Poi il cugino di mia mamma, fiero lancista. Ricordo la sua Gamma, un'auto che era un concentrato di ricerca e tecnologia. Totalmente inaffidabile, ma con un'allure che forse solo le Mercedes potevano avvicinare, senza averne la freschezza tecnologica. L'ultima vera Lancia. Seguì il primo modello della gestione Fiat, ancora Lancia nel DNA, la Beta. E ricordo, già adolescente, l'oggetto proibito del desiderio, la Beta coupé. Linea strana, ma ancora tecnologia di prim'ordine, e finiture spaziali.

Quando toccò a me guidare, le Lancia già non esistevano più: erano delle versioni, anche molto riviste, delle Fiat. Ma soprattutto era Fiat il concetto costruttivo, era Fiat la tecnologia, era Fiat la finitura. Ho avuto una Dedra, linea bellissima, finiture che volevano ricordare quelle Lancia ma che cadevano nella discutibile esecuzione Fiat. Eppure un acuto, meraviglioso: la Thema prima serie, un'auto comodissima, da lusso superiore, un ritorno al fasto delle vecchie Lancia...  Da allora, però, un declino inarrestabile, mascherato solo dal successo delle piccole di lusso, la Ypsilon nelle sue varie versioni, e segnato da scelte stilistiche dissennate. Auto oggettivamente brutte, un insulto al marchio: la K, ad esempio, per non parlare della Thesis, dallo stile stravagante, per finire con l'odierna Thema, che nemmeno i manager del gruppo Fiat vogliono come auto di servizio, tanto è brutta.

Sparisce un marchio, e insieme a lui auto da sogno che hanno accompagnato la mia vita.

mercoledì 24 ottobre 2012

Stregoni o scienziati?

"Sentenza stupefacente", "Aberrazione della giustizia". Un paio dei titoli di oggi, riguardo alla condanna di un certo numero di membri della commissione grandi rischi al tempo del terremoto dell'Aquila.

Una follia, il commento più condiviso. Condannati perché non hanno previsto il terremoto, ci ripetono ossessivamente dai giornali. Ce lo ripetono i politici, tutti. E sotto traccia il retropensiero è sempre lo stesso: la magistratura che si dimostra ancora una tirannia verso i poveri cittadini, condannati per non avere la sfera di cristallo.

Vero. Nessuno è in grado di predire un terremoto. Nessuno, nemmeno quel ricercatore che ebbe il suo momento di gloria subito dopo il terremoto, avendo annunciato che l'aveva previsto (probabilmente migliaia di aquilani l'avevano previsto, come timore purtroppo avveratosi, ma tant'è), ma che non fu in grado di ripetere le sue previsioni nemmeno una volta, dopo quel tragico aprile.
Ma proprio perché nessuno è in grado di predire un terremoto, non si capisce perché la commissione grandi rischi, la sera prima, si mise a tranquillizzare la popolazione già preoccupata dalle scosse che si inseguivano da un mese, fondando il proprio ragionamento sul fatto che "scientificamente si poteva escludere una scossa importante". Se non sei in grado di predire un terremoto, è molto probabile che non sei neppure in grado di negarlo. E' solo fortunatamente più facile azzeccare la seconda previsione tirando a caso (affermo con tranquillità che domani non ci sarà un terremoto disastroso all'Aquila, il gioco delle probabilità mi fa vincitore a mani basse....), ma per far questo non è necessaria una commissione, profumatamente pagata.
Il punto credo sia proprio questo: se scientificamente non era possibile dir nulla, perché è stata fatta quella dichiarazione tranquillizzante? Forse perché ci si aspettava comunque una predizione dagli scienziati? Ma che scienziati sono quelli che piegano la loro scienza alle necessità di una politica che "doveva" dimostrare che aveva tutto sotto controllo?

Ecco, forse in questo i componenti della commissione grandi rischi sono colpevoli. Se avessero dichiarato "non siamo stregoni, non possiamo sapere se ci sarà una scossa forte" probabilmente il bilancio di morte non sarebbe stato molto differente. Forse qualcuno si sarebbe salvato, avrebbe avuto paura e sarebbe andato via. Chissà.

La vera colpa, però, è di non aver detto con sufficiente forza ciò che tutti sanno: il patrimonio edilizio italiano è in grandissima parte inadeguato a reggere il rischio sismico del territorio. Questo è il vero grande rischio, che la commissione non affronta con dichiarazioni serie, con provocazioni forti per far capire agli italiani che costruire e restaurare con criteri antisismici adeguati sono le uniche armi che abbiamo a disposizione. Ma si sa: a noi piacciono gli stregoni, non gli scienziati.

giovedì 18 ottobre 2012

Adieu, Emmanuelle

Camminavo lungo i Champs Elisées, avevo 13 o 14 anni. Era luglio, aveva appena piovuto, non era poi così caldo, anzi.

Ricordo le piante, platani forse, il bagnato per terra. La pensilina della fermata dell'autobus. Un cartellone enorme, di fianco. La locandina di un film.
La guardo. Rimango senza fiato. Il seno nudo, uno sguardo ingenuo ed ammiccante allo stesso tempo, le trine d'antan, la poltrona di vimini che rimarrà per sempre nel mio immaginario. La pubblicità del film Emmanuelle, in Francia il cartellone era una foto di scena, mentre in Italia la stessa foto verrà trattata in modo da sembrare un disegno, per non turbare il senso del pudore (!).

La sensualità di quel cartellone mi rimase per sempre. Oggi leggo che Sylvia Kristel, la bellissima e giovanissima attrice di allora, è mancata. Per me rimarrà sempre l'icona della magia della donna....


lunedì 15 ottobre 2012

Asfalto bagnato

Scorrono i platani lungo la strada. E' bastata qualche ora di pioggia e il loro aspetto rassicurante, quello che mi parla di estate, di affetto, di calore, si sta tramutando in quel bel colore aranciato, tendente al marrone (chissà di che colore è veramente, boh...) che rappresenta l'esplosione della bellezza prima di rincantucciarsi nelle scarne forme invernali.

Scorre l'asfalto sotto di me. Corre la mia vita su una direttrice rettilinea, rapida e distante. Congiungente. Corre il mio tempo, sempre più veloce. L'auto piena di musica e pensieri. Le borse della vita nel bagagliaio.

Voglia di tepore. Di fuoco nel camino. Di cibo invernale, e vino strutturato nel bicchiere. Arriva l'inverno, e con lui il tempo di calore dentro di me.



venerdì 5 ottobre 2012

Paesaggi

Un po' come stare alla finestra, e guardare distrattamente fuori ciò che passa, il mondo, il verde, le nuvole nere che arrivano e quel sentore di pioggia che conosci bene in questa stagione. Ti hanno già detto che cosa farai l'anno prossimo al lavoro. Nuovo incarico. Sai che sarà una cosa impegnativa, che sarai molto più spesso in giro rispetto ad ora. Vedi, da questa finestra virtuale, le cose scorrere. Ti immagini i tuoi giorni a venire.
Ti hanno già dato un assaggio.Comincerai dal cliente che conosci da quindici anni, e ascolti il tuo collega che te lo racconta senza conoscerlo. E si cominciano i meeting, e si comincia ad andare su e giù da Roma.

Già, Roma. Ti ricordi di aver visto da qualche parte che al Quirinale c'è una mostra che ti interessa. Pensi che potrai approfittarne: viaggio di lavoro, meeting, deviazione alla mostra, aereo di ritorno. La mostra ne vale la pena, probabilmente. Ti spiace non poter scambiare le emozioni quando vedrai questi dipinti. Pensi che incamererai tutto quanto, terrai dentro di te. Magari racconterai, non il dipinto, ma ciò che raccoglierai dall'impatto con lui.

Dalla finestra vedo passare noncuranti le persone, avvolte nei loro pensieri


lunedì 1 ottobre 2012

Gelato al limon


Leggo dalle statistiche del mio blog che qualcuno è giunto da me con una ricerca google di questo tipo "riccione spiedini di frutta ricoperti di zucchero".

Tralascio di esaminare come google abbia portato a me (lo so, ma è curioso che non abbia catturato l'intento, come diciamo fra noi in softuerese) e mi concentro sul ricordo di quella frutta glassata, quegli spiedini di frutta - uva, albicocca, ananas - ricoperti di caramello di zucchero. Ricordo di quell'uomo vestito di bianco, con il cappello largo di paglia come si usava nei campi allora, appoggiata al fianco una grossa teca di legno e plexiglass sorretta con il braccio, nell'altra mano un cavalletto apribile. Urlava canditi, e quando lo si chiamava, apriva il cavalletto, vi appoggiava la teca - pesava, lo si vedeva bene - e ti vendeva quello spiedino. Il crack dello zucchero sotto i denti, il dolce da caramello che si mescolava con il fresco acido della frutta. Ricordi di bimbo degli anni 60, le vacanze a giugno, san Pietro e Paolo che indicava che era già finita.

Finita come questa estate. Un'altra estate se ne va.


giovedì 27 settembre 2012

Della libertà di stampa e di quella di diffamare

E' sulle pagine dei quotidiani odierni: la Cassazione conferma in pieno la condanna di Sallusti, direttore de il Giornale, ad un anno e mezzo di carcere per diffamazione a mezzo stampa, avendo pubblicato un articolo anonimo sul giornale di cui era direttore responsabile (ed essendo responsabile, si era preso in carico la responsabilità civile e penale degli articoli anonimi da lui pubblicati).

Nel contesto, era stato pubblicato sul suo giornale un articolo nel quale si sosteneva che genitori e, soprattutto il giudice minorile, avevano infierito obbligando all'aborto una ragazzina tredicenne con problemi psichici (di questi, però l'articolo ne taceva). Il giudice minorile si è sentito diffamato da questa accusa da Erode, ed ha querelato il direttore del giornale in quanto non era possibile querelare il giornalista Farina, vero estensore dell'articolo, che non aveva firmato in quanto radiato dall'ordine dei giornalisti. Ricordiamo a chi non ricorda che Farina è quel soave personaggio che, fra una Comunione e una liturgia delle Ore, ha pubblicato falsi dossier contro avversari politici, sapendo bene che si trattava di falsi (e quindi non era un pesce boccalone che aveva pubblicato una notizia senza averla verificata, ma l'aveva fatto di proposito...), fino a venir condannato per favoreggiamento nel rapimento di Abu Omar, operando come supporto ai servizi segreti con il magnifico pseudonimo di agente Betulla.

Dunque, Sallusti pubblica un articolo di questo personaggio sotto pseudonimo, un articolo del suo stampo: raccontare un fatto senza degnarsi di guardare a ciò che è successo, ma costruendo una storia a sostegno della sua tesi, approfittando della sua posizione per menare botte.

Alla notizia della condanna di Sallusti si è scatenato un peana di tutta la casta dei giornalisti. Si grida all'attentato alla libertà di stampa, da destra e da sinistra, ma comunque sempre dall'interno della casta.
Io non sono d'accordo, però. Mi piacerebbe capire perché la libertà di stampa deve comprendere anche la libertà di diffamare, con ricostruzioni fasulle della realtà, delle persone che solo formalmente hanno la possibilità di replicare (poi la notizia tarocca la butti in prima pagina, la replica la metti in taglio basso in quinta o settima, con controreplica senza appello del diffamatore). Secondo me, voler includere nella libertà di stampa anche la libertà di sparare falsità è fare l'ennesimo cattivo servizio all'informazione, è creare una casta di intoccabili che possono scrivere ciò che vogliono, vero o falso, calunniando il prossimo senza tema di incorrere nelle limitazioni dei comuni cittadini.

Che i giornalisti si strappino le vesti, è evidente: difendendo Sallusti difendono preventivamente loro stessi, e caricano le loro pistole verbali con la certezza di farla franca. Che lo facciano i politici è altrettanto comprensibile: captatio benevolentiae, appoggi una causa per averne un vantaggio. Però mi piacerebbe sentire anche qualche voce fuori dal coro, la voce di noi che ci troveremo, nel periodo della casta politica forchettona, con una nuova casta di killer mediatici con la licenza di uccidere


martedì 25 settembre 2012

Moscato d'Amburgo

Acini rotondi, piccoli, neri. Il grappolo di uva è lì, sul tavolo della cucina. Moscato d'Amburgo.
Sono malato d'uva, ne mangio quantità sconsiderate. Ma per questo tipo di uva ho una predilezione particolare. E mi piace condividere quel suo sapore, quella sua dolcezza ritrosa, profumata.

L'uva ha quella morbidezza, quella sensazione di calma voluttà che forse nessun frutto sa trasmettere. Alle radici della cultura mediterranea, insieme al pane e all'olio. Sapori essenziali, profumo di sole, di caldo, di vita.

E proprio di vita si riveste quel grappolo, in quella cucina. Il profumo di moscato si accorda con gli altri profumi. Infonde una convivialità calda e profonda.

Che il banchetto abbia inizio, e che l'armonia dei profumi e dei sapori rispecchi quella dei commensali.


venerdì 21 settembre 2012

Smentita

Leggo post su post che annunciano l'inizio dell'autunno....

Smentisco categoricamente!

L'autunno comincia domani: l'equinozio d'autunno cade fra il 22 ed il 23 di settembre. Quest'anno sarà domani alle cinque del pomeriggio, all'incirca.

Per favore, lasciatemi un ultimo giorno d'estate, anche se già indossando la giacca...


domenica 16 settembre 2012

Vilde Frang

E' bello sentire nuovi interpreti. A volte scopri dei geni. Stasera ho sentito Vilde Frang, una violinista di 25 anni, in un concerto su RAI5. Eseguiva il bellissimo e difficile concerto di Tchaikovsky, una delle pagine predilette dei grandi violinisti.

Vilde Frang è stata semplicemente straordinaria. Un uso strano dei tempi, dei rubati, dei rallentando nei punti giusti, per creare quel pathos, per farti salire, tenerti in sospeso, e poi scaraventarti addosso un torrente di emozioni in musica. Geniale. Da sentire sicuramente dal vivo.


Manca la tastiera

"I notturni di Chopin mi mettono l'angoscia" mi dice una mia amica. E la mia mente corre ad un libro con le pagine ingiallite dagli anni, e ad un adolescente che, con la follia di quell'età, le prende, le appoggia sul leggio, e comincia a studiarle. Opera 9 numero 2. L'aveva sentita chissà dove, l'aveva individuata, aveva trovato negli spartiti di sua nonna la raccolta completa dei notturni. Con la bramosia del quattordicenne si era buttato su quelle pagine, le dita che imparavano i passaggi, ripetuti centinaia di volte, fino a poter eseguire i salti di più di un'ottava, i passaggi di polso, gli abbellimenti, al meglio della sua tecnica.

Ma soprattutto era quella musica che gli entrava nell'anima. Quello struggersi, quel intimo romanticismo introverso - non la forza, l'esplosione di un Beethoven - lo affascinavano. Via via altri notturni lo attiravano, lo imbibivano di sensazioni. Ore seduto davanti a quella tastiera, quella musica suonata come poteva, come riusciva con la sua tecnica traballante e con il sentimento da adolescente.

Poi, si cresce. E un romanticismo esasperato, urlato come quello di Chopin pare quasi stucchevole. Passò alle vette di difficoltà più elevate, alle polacche. Crescendo si accorse che quella musica sapeva colpire l'animo di alcune giovani donne, che ascoltandolo sapevano sentire quello che la musica, ma lui pure diceva.

Improvvisamente Chopin non gli piacque più, un salto epocale su Debussy. L'emozione trasferita in un'altra sfera. Quel romanticismo letto come sentimentalismo, come una cosa che puzza di vecchio, di polvere, un po' come lo spartito di sua nonna. E via via la tastiera del pianoforte si allontana, come se avesse sentito quell'improvvisa sordità emotiva. E se ne sta lontana per una vita.

Bisogna invecchiare per capire di nuovo. Forse in un altro modo, non con la foga dell'adolescente, ma con il disincanto della maturità, per cogliere il bello ed il reale. Peccato manchi la tastiera.


lunedì 10 settembre 2012

Occasioni perdute

Ci sono argomenti sui quali non son capace di star zitto. Ieri, fra i vari interventi a Cernobbio nel famoso convegno Ambrosetti, ce n'è stato uno che potete leggere qui, tratto dal corriere, che mi ha fatto cadere le braccia.
Il convegno Ambrosetti è considerato uno dei principali che riguardano la politica, la struttura economica, le analisi sul futuro dell'Italia e dell'economia in generale. All'interno di questo convegno, Passera ha dichiarato che la gestione del dualismo Malpensa - Linate è stata devastante, ha ucciso Malpensa e non ha dato servizi ai cittadini. Passera elenca numeri, valutazioni, analisi, assolutamente credibili, e dal mio punto di vista condivisibili. Malpensa era la possibilità per dare una vera porta di scambio all'economia Milanese, e più in generale, del nord Italia.

Ma... il ministro Passera è la stessa persona dell'ex AD di Banca Intesa, Corrado Passera. La banca che ha fatto da advisor alla gestione della crisi Alitalia, che ha identificato i piani di business, i modi di uscita, le politiche di investimento. La stessa banca che ha pilotato la regionalizzazione di Alitalia nel nome di una centralizzazione su Roma del traffico (per andare da Milano a Palermo, se non ci fossero le compagnie low cost, bisognerebbe far scalo su Fiumicino); la stessa che ha spento ogni velleità di valorizzazione di Malpensa ottenendo una protezione del traffico su Linate, sperando in chissà quale possibilità di drenare traffico a Lufthansa o AirFrance.. E insieme al ministro Passera, in platea, probabilmente c'era il mitico ex sindaco in mutande di Milano, quel Gabriele Albertini che fece ogni cosa per impedire di implementare quel piano che, oggi, il ministro Passera illustra come l'unico efficiente per la città e l'economia del nord. Già....

Spero che, al di la degli slogan e dei gingle che sicuramente ci ammorberanno nei prossimi mesi, la gente sia capace di ricordarsi dell'impunità con la quale certi personaggi ci vengono a pontificare l'esatto contrario delle loro azioni, confidando sulla memoria cortissima, evanescente degli italiani e sulla fiacchezza della stampa che non li incalza.

Adrenalina

L'acqua trasparente. Chiara. Lame di luce attraversano il campo visivo, i microrganismi in sospensione luccicano. Scura, poco avanti a me, una barriera di corallo morto chiude la vista. Mi ci avvicino, senza fretta. Attorno poca vita, solo ogni tanto il bagliore di un istante che segnala, quasi senpre, il lungo corpo di un barracuda, immobile, che ti squadra con il suo ghigno poco rassicurante.

Costeggio la barriera. Laggiù vedo una passe. Forse qualche pesce si fermerà li a raccogliere il plancton trascinato dalla corrente, quindi mi ci dirigo. La passe è stretta, un metro e mezzo, la vedo di sguincio mentre mi ci avvicino. Svolto per entrare e... ho trovato un pesce! Lui è li, di fronte a me. Lo guardo con sorpresa. Sarà lungo un paio di metri, se ho valutato bene la larghezza della passe. Le sue fredde pupille verticali mi guardano. Lo squalo.
Che faccio? Lui si sta chiedendo la stessa cosa. Io sono ancora fuori dalla passe, ad un metro e mezzo dalla barriera. Lui è dentro. Dargli le spalle non ci penso neppure un attimo. Entrare nella passe, neppure, potrebbe pensare che lo voglio attaccare, e poi non mi va di passargli a pochi centimetri. Mi fermo, in verticale e lo guardo. Lui fa lo stesso. Forse sta pensando come attaccarmi, forse come difendersi. Mentalmente controllo di non aver nulla addosso che luccichi. No, tutto sembra a posto, dovrei essere opaco. Non mi agito, non deve percepire nervosismo.
Lui mi squadra. So che ora farà qualcosa, non può stare li ancora a lungo. In realtà sono passati pochissimi secondi, ma sembrano un'eternità. Preparo le mani davanti a me. So che l'unica possibilità che ho in caso di attacco è di tirargli un pugno sul muso, la parte più sensibile. E' comunque una possibilità piccola di farla franca, se mi attacca mi farà molto male.
Vedo il corpo che si contrae, si muove, fortunatamente non sta scattando. Mi controlla con il suo occhio mentre nuota fra me e la barriera. In un attimo non lo vedo più. Respiro. Mi giro, controllo che non stia arrivandomi alle spalle. No, sembra essersene andato. Ora posso attraversare la passe. Al di la non c'era nulla....

Se non si rischia di farsi anche del male, non si vive. In tutto.




(la foto non è mia, ma lo squalo era di questo tipo, e come si vede, gli piace stare anche nell'acqua bassa)

martedì 4 settembre 2012

Duca Alfonso Maria di Sant'Agata dei Fornari

Devo dire che mi sto divertendo un po' perfidamente con la campagna elettorale americana. A fronte di un deludente Obama - deludente anche oltre le sue colpe, si è trovato in mano una frittata gigantesca con una situazione da paura, il rischio fondato di perdere di un botto l'intera industria automobilistica americana e quello di dover pilotare la riduzione delle mostruose spese militari promosse dal predecessore affrontando la conseguente contrazione sull'economia delle aziende del settore, grandi elettrici dei presidenti, peraltro - il contendente che si presenta ha un certo dejà vu per noi italiani. Capello sempre perfetto, tanto da far pensare ad un falso (gli USA sono la patria dei parrucchini: pochissimi uomini calvi hanno il coraggio di mostrarsi per quello che sono), sorriso sempre smagliante, quasi stampato in viso da una paresi, via via che passano i giorni si viene a sapere dei suoi non pulitissimi comportamenti fiscali (un bel offshore di qua, un'elusione di la, un salvataggio statale di una sua azienda quando lui tuona contro la stessa operazione per le aziende altrui, e via elencando....)

Ma il colpo di genio è arrivato in questi giorni: dopo l'appoggio di Clint Eastwood (bravo attore, peraltro dotato di un'unica espressione buona per gli spaghetti western o per million dollar baby), Romney ha collezionato niente di meno che l'entusiastico appoggio di... Chuck Norris! Si, quello che fa i film e i telefilm dove arriva e spacca tutto, per una volta un Bud Spencer de voiatri, almeno il nostro ha quell'ironia che il suo clone manco sa dove sia. Chuck Norris, quello che mena tutti, sprezzante del ridicolo che si può provare nei confronti di un attore che a 72 anni, invece di badare alla prostata, continua a recitare parti da trentenne tingendosi pel di carota peggio di Biscardi... Beh, Chuck Norris ha postato un video che ovviamente esprime il suo pensiero, alto, come alte volano le aquile americane.

Una sonora pernacchia in certi casi ci sta benissimo.... Duca Alfonso Maria di Sant'Agata dei Fornari!




lunedì 3 settembre 2012

Verrà un'altra estate

Prendo il solito caffè sul balcone, il mio rito mattutino. Stamane non c'è il sole, anzi, il cielo è bigio. Un assaggio di autunno, troppo rapido per essere vero, per fortuna. Non mi sento pronto ancora alle giacche ed ai soprabiti. Eppure lo so che fra un mese, un mese e mezzo al massimo il riscaldamento farà la sua comparsa. Un'estate trascorsa, quasi non vista, nonostante la pelle scura, le ultime cose da mare che stanno andando nell'armadio.

Guardo il giardino e mi godo il verde. Faccio la scorta, mi servirà per l'inverno, lungo. E nella tazzina che si svuota adagio, vedo le immagini della coda in Duomo, la folla che rende omaggio al Cardinale. Un uomo di chiesa e di fede tutto di un pezzo. Un gesuita intelligente in modo incredibile, così diverso da altri porporati. Poteva essere l'uomo che avrebbe cambiato la chiesa, da papa. La malattia (o forse il conservatorismo ecclesiastico) l'ha messo fuori gioco, e al suo posto è uscito il papa attuale.
Anche lui se ne va in questo autunno incipiente, incomprensibile per il calendario. Incomprensibile come la speranza disillusa.

Ma verrà un'altra estate.


lunedì 27 agosto 2012

Il percorso della vita

Una spiaggia deserta, sull'oceano. I pensieri che scorrono liberi, nella solitudine accompagnata dal respiro del mare. I tonfi violenti delle onde ritmano il mio respiro. Lo spray del mare mi sala gli occhiali.



In quella solitudine pensi alla vita, ai percorsi. Vedi il passato, guardi il futuro. Senti scorrere dentro di te la forza della natura.
Ti volti, e vedi il segno della vita



Le tracce di una tartaruga marina, che ha lasciato la striscia del futuro andando a nascondere le uova nella sabbia. Affidarsi ad un futuro che non domini, sapendo che comunque qualcosa di buono succederà.

Che sia bello, che sia severo. Che sia il mio percorso




mercoledì 15 agosto 2012

Errata corrige

Il correttore dell'iPhone decide di modificare snorkeling in amore l'ing.

Indubbiamente la sa lunga :)


martedì 7 agosto 2012

Fin che la barca va..

Squilla il telefono:
- Ciao M., come vanno le ferie?
- Bene, bene, mondo.. e tu?
- Beh, io lavoro anche questa settimana.. sai, i nostri amici di Firenze... domani torna F. dalle ferie e vediamo di sistemare l'offerta.. poi tocca a te, mi raccomando!
- Si, si, quando torno mi ci metto... ma senti, stavo pensando di fare una bella veleggiata, un tour dell'Elba, ci staresti?
- Eccome no?! ma quando?
- Beh, ecco, a partire dal 14 per 4 o 5 giorni...

Perfetto! Anche questo giro in barca me lo son fumato... Sembra una maledizione ma quando quella fottuta barca si sposta io sono sempre in giro.

Ma stavolta non mi dispiace molto. Vado dove i telefoni non prendono, e forse stavolta potrò finalmente fare una vacanza senza che il lavoro si infili in mezzo.

La barca aspetterà. Magari farò il rientro a Magra. O forse qualcosa prima, chissà. Per adesso, qui:


martedì 31 luglio 2012

I misteri dell'informatica

Ma come cazzo fa faccialibro a sapere che la cervicale mi sta massacrando, e quindi mi propone di acquistare questa roba qui?



lunedì 30 luglio 2012

Fette biscottate

Ci sono cose che denotano i differenti approcci alla vita. Una di queste è il modo con il quale si aprono le confezioni degli alimenti. La mia ex-moglie semplicemente sbragava la confezione, assolutamente incurante di come fosse fatta. La distruggeva. Era poi problema mio cercare di conservare ciò che rimaneva, se non si consumava tutto.

Il mio approccio invece è diametralmente opposto. Visto che qualcuno è stato pagato, ci ha pensato, ci ha lavorato sopra, mi par giusto provare ad usare il suo lavoro che dovrebbe essere stato fatto a mio vantaggio.
Stamane ho aperto una confezione di fette biscottate. So che dietro a queste confezioni c'è un mondo di studi, anche parecchio complessi, per far si che la tua fetta biscottata arrivi integra alla tua colazione, e non frantumata in tanti piccoli pezzi che poi - ebbene si - mi tocca ricomporre in un puzzle alimentare per poterla imburrare come si deve.
Insomma, prendo il pacco delle fette. Come prima cosa mi rendo conto che senza occhiali non sono in grado di vedere nemmeno lontanamente da che parte è stato previsto che si entri nello scrigno. Cerco gli occhiali, e provo. C'è una scritta: apertura facilitata, solleva qui. Ma non trovo nulla da sollevare. Guardo attorno alla freccia. Nulla. Poi mi accorgo di un intaglio nella confezione. Ma non c'è nulla da sollevare. Dopo aver rigirato per bene in mano la confezione mi decido. Caccio dentro un dito, e sbrago la confezione. Ecco, era così che si doveva fare, ma la dicitura è sbagliata. Non solleva qui, ma straccia tutto a partir da qui, anzi, infila il tuo dito e sbraga con voluttà. Questa dovrebbe essere la spiegazione, in quattordici lingue, compreso il sanscrito.

Stracciato il velo del tempio, compaiono due confezioni di fette. Richiudibile, sta scritto. Figo, ma per richiuderle bisogna aprirle almeno una volta. Come cazzo si fa per non disintegrare tutto? C'è disegnata una linguetta, ma ci vorrebbe un'unghia bella lunga per poter far leva... Guardo, sulla confezione non c'è scritto che sono richieste french extensions per aprirla, e non ho intenzione di farmi crescere quella finissima unghietta lunga sul mignolo, non per poter ravanare meglio nei pertugi, ma per aprire le fette biscottate....
Afferro un coltello affilato come un bisturi, e con attenzione sollevo la linguetta (qui che bisogna sollevare, non c'è scritto solleva... mah...). Leggo che bisogna togliere la protezione per richiudere. Protezione? Di che? Da cosa?
Con uno sforzo vedo un ovale incollato sul retro. Perfetto nelle proporzioni, ripete lo stilema della famosa azienda. Solo guardando la sua forma sai che lo fanno loro. Non c'è bisogno di dir altro. Apro, meglio, scappotto la confezione. Effettivamente le mie fette sono li, belle intere. Le depongo a rombo sul tavolo, quattro, prendo il burro e con attenzione le ricopro. Crack. Merda, una si è fratturata. Nella confezione le puoi prendere a calci, farle cadere dall'ottavo piano, e non succede nulla. Ma se le imburri, crack! Odio la fetta che si rompe da sola. Operazione incollatura. Un po' di burro negli interstizi è sufficiente a ridare una forma accettabile, ma la fetta sarà instabile quando la metterò in bocca, e frammenti cadranno, ovviamente dalla parte imburrata....

Richiudo la confezione. Una fierezza mi avvolge: funziona tutto. Ci ho messo un quarto d'ora ad aprire la confezione, ma tutto funziona come l'aveva progettato quel disgraziato che mi ha fatto far tardi anche stamattina!


martedì 24 luglio 2012

La musica in cucina

Cucinare per me è un'espressione di serenità. Ricordo, anni fa, mi piaceva cucinare, esplorare, provare. Mi piaceva ascoltare Gambero Rosso Channel, imparare qualche trucco, capire le basi, scoprire la magia degli accordi dei sapori. Sperimentare.

Poi, improvvisamente, persi molta di questa inventiva. Anche del desiderio di cucinare non solo per soddisfare la necessità di nutrirsi, ma per godere del cibo. Sapevo, e desideravo, mangiare in modo ricercato, ma non volevo più provare a farne. Una specie di distacco, di mancanza di ispirazione, come quella che anni prima aveva inaridito la mia vena musicale come esecutore - e che mai più si è ripresa.

Invece ieri sera ho ricominciato a cucinare, per il piacere di esplorare. Ho sbagliato qualche accostamento, il risultato non era all'altezza della mia aspettativa, ma improvvisamente le cotture sono andate a posto, il branzino al sale era perfetto, ancora umidino di mare ma perfettamente cotto, il pilaf cotto e non asciutto. Il sugo rosso invece non era equilibrato, bisogna lavorarci su un po', ma ho individuato un procedimento interessante.

Ci pensavo. Questi sbalzi di umore, di interesse nella cucina, seguono fedelmente altri sbalzi, altre oscillazioni nella mia vita. E ora, come se si presentasse un periodo propizio, sento di aver di nuovo voglia di inventare in cucina. Con una differenza sostanziale: il festeggiato sono io.


lunedì 16 luglio 2012

Fired

Ci ho messo quasi una settimana per trovar le parole. Stamane, nel tragitto casa-ufficio, ho cercato il suo numero e l'ho chiamato.
Sta diventando un rituale triste, questo. Chiamare i colleghi "fired". Che cazzo di termine di merda. Sparati, diremmo noi, uccisi. Ecco, così si dice. Stavolta è Domenico.

Carattere difficile. Eppure ci siamo annusati fin da subito. Quando dovevamo dire cose importanti abbassavamo la voce. Se invece ci azzuffavamo sul lavoro, l'alzavamo, lui con la sua cantilena di San Severo, che non ha perso dopo trent'anni che vive qui, io fanculandolo nel mio dialetto. E, quando la tensione si alzava, una battuta, una risata, e cercavamo il modo di trovare un equilibrio.

Non trovavo le parole. Alla fine solo due: mi dispiace. Ancora una volta ci siamo capiti. E ho sentito nella sua voce tutta l'amarezza dell'ingiustizia.



giovedì 12 luglio 2012

Insegnamenti

Le madeleines sono micidiali. Bisogna starsene lontani.

Questo è il vero insegnamento che raccolgo in due giorni di corso a Parigi.


mercoledì 11 luglio 2012

Che costume indosso oggi?

La spiaggia bianca. Il mare turchese. Sei li, nella libertà della natura. Il vento, lo sciabordio del mare. Il sole che ti scalda le ossa e la pelle. Tutta.

Ogni giorno succede diverse volte. Li riconosci da lontano. Coppia sui trent'anni. Si avvicinano, inizialmente con il passo sicuro di chi sta cercando il posto più bello dove mettersi. Poi improvvisamente rallentano. Guardano. Scruti le loro espressioni. Ti rendi conto che non sanno che fare. Andare avanti? Fermarsi? E se ci si ferma, che si fa?

Già, perché in spiaggia sono quasi tutti nudi. E loro non sono preparati a questo. Vedi la loro perplessità, e a questo punto, si aprono le diverse possibilità:
- Lui sorride a lei, incoraggiandola. La decisione può richiedere tempo, e talvolta la coppia attraversa la spiaggia, lui getta qualche occhiata dispiaciuta in giro, e vanno oltre
- Lei sorride a lui: la scelta non si discute. Lei parte sicura come per la conquista del polo, lui segue rassegnato come un animale condotto al macello
- Scuotono la testa, e passano sdegnati. Li riconosci perché guardano un non meglio precisato punto all'orizzonte, stando ben attenti che nemmeno per un secondo gli occhi, birichini, puntino sul corpo di uno qualunque dei bagnanti ignari della loro riprovazione...
- Li vedi che parlottano un po', si lanciano un sorriso di complicità, e si avvicinano.

Se è stato lui a convincere lei la scena seguente scorre più o meno così: lui punta il primo posto disponibile dove fermarsi, ma questo non piace a lei. Per una decina di minuti è un susseguirsi di "qui?" "no, li non va bene, il sole potrebbe oscurarsi dietro quel cespuglio rinsecchito", oppure "no, li si è troppo vicini a quella famiglia, mi da fastidio". Alla fine, dopo aver percorso la baia un paio di volte, lei si arrende e sceglie finalmente un posto dove stendere il telo. Di solito quello che era stato indicato per primo...
Lui depone con gesto plastico lo zaino, e fa per togliersi la maglietta, ma lei lo riprende subito, e pretende che prima lui pianti l'ombrellone e l'aiuti a stendere il telo. Il rito è quasi religioso: si spiana ogni singola piega, ogni granello di sabbia viene tolto con accanimento feroce. Lui gronda sotto gli abiti, lei controlla con polso fermo le operazioni. Alla fine lui è completamente sciolto, la maglietta pezzata di sudore, lei è fresca, quasi gelata sotto il cappellino (si, lei ha sempre il cappellino per proteggersi dal sole).
Lui si toglie, quasi si strappa disperato i vestiti, in 4 secondi netti è finalmente nudo, e nonostante sia accaldato, invece di gettarsi in acqua a rinfrescarsi, si tuffa sul telo a pancia in giù...
Lei comincia un'operazione che può durare anche un'ora. Si toglie il prendisole e comincia a ripiegarlo come se lo dovesse riporre nell'armadio perché la bella stagione è terminata. Poi estrae la busta dei cosmetici e comincia a spalmarsi le labbra di protezione solare, poi cerca una fascia per legare i capelli e ci lavora per dieci minuti buoni. Poi arriva il momento della crema solare, della quale si leggono almeno tre volte tutte le istruzioni. Si consulta il cellulare, poi si controlla che tutto stia sotto l'ombrellone. Ovviamente qualcosa non va, per cui si richiama il tuffatore sulla sabbia che si deve rialzare dal telo per sistemare l'ombrellone piegandolo esattamente di 13,5 gradi in direzione sudovest.
Alla fine, non essendoci più nessuna possibilità di azioni diversive, lei si slaccia il reggiseno. Lo prende, lo ripiega religiosamente, lo infila nella sua sacca da spiaggia, e per far questo deve estrarne l'intero contenuto, distribuirlo attorno a sé, per poi riporlo di nuovo nella borsa. Tutto questo lavorio richiede una bevuta d'acqua, che il compagno deve recuperare dallo zaino.
Dopo di che lei si marmorizza a fissare un punto situato pochi metri sopra la linea dell'orizzonte, e resta così, seduta rannicchiata, per un tempo imprecisato. Quando sente di essere divenuta un elemento del paesaggio, e solo allora, con mossa fulminea si toglie gli slip, e si immobilizza sul telo. Entrambi muoiono di caldo, ma prima di alzarsi da li per andare a fare il bagno passerà un'ora...

Il caso dei complici è molto carino. Scelgono il primo posto disponibile, oppure quello più defilato. Depongono le cose alla viva il parroco, e poi si fissano negli occhi. Immobili. Uno dei due comincia a togliersi un indumento, poi aspetta che l'altro faccia lo stesso. Una specie di ping pong. Ad ogni indumento spogliato, il loro sorriso si amplia. Giocano. Son belli.
Diversamente dall'altro genere, loro rapidamente si isolano mentalmente dal resto della spiaggia. Esistono solo loro, il loro gioco, il mare, il sole. Appena sono nudi, corrono in mare ad abbracciarsi, baciarsi, toccarsi.

E gli altri bagnanti? Beh, è logico: si godono il mare, il sole, il piacere della natura, e magari dell'amore.




giovedì 28 giugno 2012

L'agenda della prossima settimana

Dall'agenda della prossima settimana:

- 4/7 h 11 Conf call ORB
- 6/7 h 9 Webex with Delphine
- 4/7 h 15 Call for doc release

To do: Manufacturing xBOM demo preparation. Deadline 6/7


Io sarei in vacanza. Cazzo...


mercoledì 27 giugno 2012

June, 27th

L'anno scorso, in queste stesse ore, appeso ad una scala. Staccare i lampadari. Inscatolare le ultime cose. Un branco di uomini ucraini dotati di un'educazione, di una cultura e di una gentilezza rara smontano i mobili. La casa perde anima, si affloscia. La fretta di uscire dalle mura che non ti appartengono più. Hai appena firmato l'atto di vendita.

E' passato un anno. La tua casa è chiusa da allora. Priva di vita.

Tu no.


martedì 26 giugno 2012

Urge vacanza

Ognuno ha le proprie fissazioni. Fra le tante, io ho quella delle valigie. Adoro le valigie. Forse sono il simbolo del viaggio, dell'uscire dalla regola ripetitiva della giornata standard, quella che ti consente di vivere obbligandoti al giogo della monotonia. Sta di fatto che davanti ad una valigeria mi fermo con occhio sognante come davanti ad una libreria, ad una gastronomia o ad un'enoteca... si, vabbè, questa è un'altra storia.

Insomma, sabato lo spostamento della barca non c'è stato. La mia desiderata navigazione è saltata ancora, e urgeva una consolazione. La valigeria.

Ci si creano delle inutili necessità per soddisfare i desideri. Mi ero convinto che avevo bisogno di una valigia non grossa, ma non piccola come un trolley (che ovviamente possiedo in versione tutto trolley e trolley con scomparto pc, entrambi in dimensioni IATA). Le altre valigie con le ruote che possiedo sono da vacanza lunga, o non da single... Insomma, sono andato, e l'ho comprata.

Una specie di scaramanzia, la mia. Questa valigia rappresenta la salvaguardia della mia breve vacanza, difesa con l'astuzia. Una vacanza di relax, che voglio, a dispetto di quello che mi richiede il senso di dovere, tener separata dal pc di lavoro. Quando torno dovrò improvvisare un intervento critico presso un cliente, ma la commedia dell'arte è il mio pane. Urge vacanza. Da gustare, con la valigia nuova.


venerdì 22 giugno 2012

Saturno contro?

"Ma se ti rimborsiamo le spese, puoi rinviare le ferie?"
Eccallà, ci siamo. C'è la cascina che brucia un'altra volta. Possibile che ogni volta che pronuncio la parola ferie qualcuno si sveglia?

Per condire il tutto, telefonata delle otto e mezza. "Ciao, c'è un problema... Sembra che ci sia una dispersione sul motore, ho chiamato l'elettricista ma è in ospedale. Per lui, non a trovare qualcuno... Non so se domani riusciamo a salpare..."

Ecco, anche il transfer della barca sta andando a ramengo. Son bei momenti.
Saturno contro?


venerdì 15 giugno 2012

Fuck the exams

E anche stavolta gli esami non sono a posto. Non lo sono da anni, te ne hanno fatte di tutti i colori per capire.
Tu sei convinto che il problema è solo che tu sei fatto così, quelli sono i tuoi valori. Ti sei informato, e sai che quei parametri sono sempre più messi in dubbio dalla comunità scientifica per il loro significato e la loro predittività positiva. Insomma, tu sei tranquillo. Ti toccherà solo tranquillizzare il tuo amico medico.

Per questo pensi già al transfer della barca. Rimandato ancora una settimana, ma oramai manca poco. Il sapore di mare già nelle narici. Il sole del solstizio, che sorge dal mare, e che imbrunisce la pelle. Le chiacchiere fra amici, un bicchiere di vino bianco freddo in mano, pane e salame, pecorino. Il vento nelle vele, se c'è. E magari, come lo scorso autunno, un pesce spada che si fa un salto fuori dall'acqua di fianco alla barca....

Affanculo gli esami!


lunedì 11 giugno 2012

L'improvvisazione

Sono pigro. E' un dato di fatto. Odio far fatica, sono fermamente convinto che la pigrizia sia lo stimolo dell'intelligenza: per evitar ogni sforzo sono disposto a pensare a migliaia di differenti soluzioni - come uno scacchista analizza le mosse - fino ad identificare l'azione che, in un solo movimento, mi fa fare le cose in modo meno faticoso.
Non sopporto di provare, e vedere cosa succede. Quando dico di farlo, mento a me stesso: in realtà ci ho pensato, ma ho deciso che la fatica da fare è comunque così poca che posso permettermi di improvvisare.
L'improvvisazione vera la lascio alle cose serie, quelle dove serve cuore, dove serve sentimento. Lì provo, senza pensarci su.

Ma il mondo non è bianco e nero. ci sono tutti i toni di grigio. Ieri uno di quelli. Dopo aver rimandato mille e mille volte, sono andato al garden per comprare i vasi per farmi il mio piccolo orto di aromatiche. Un ricordo forte dell'angolo degli odori, nella mia vecchia casa. Non posso riprodurlo, ma lo vorrei tanto.
Mentre ero al garden, l'improvvisazione. Sotto forma di due piante di rosa, due boccioli bellissimi. Ecco. Il temporale in arrivo suggella l'acquisto.

Stamane, mentre bevevo il mio caffè sul balcone, un raggio di sole è entrato nella tazzina. Il nero del profumo, il nocciola della schiuma. E la rosa gialla e quella arancione che sorridevano. Un raggio solo, ma bello.

Ovviamente non ho invasato nulla. L'improvvisazione ha già dato...


giovedì 7 giugno 2012

La banalità del male

Quando il male bussa alla porta si sente disperato il bisogno di renderlo comprensibile, dandogli l'aspetto demoniaco che ci si aspetta, il Male con le corna e gli zoccoli caprini.
Che il Male si presenti sotto forma di terremoto, oppure che si presenti come strage, come violenza, come prevaricazione, è quasi consolatorio convincersi che esista un Male complottista al quale afferire ogni colpa.

L'attentato davanti alla scuola, nei giorni scorsi, è stato subito gabellato come attacco della mafia, dei poteri forti, delle forze giudo-pluto-massoniche, degli islamici, dei cattivi giocatori di risiko, e poi di chissà quale altro complotto. E questo, purtroppo, non solo dai giornalisti che devono imbrattare qualche foglio di carta con una qualunque scemenza che faccia scalpore, ma anche da persone, come il giudice Caselli, che di queste cose dovrebbero avere conoscenza profonda. 

Eppure... bastava ragionare anche solo poco per dubitare di queste pseudocertezze. Un "professionista" dell'attentato utilizza i modi più sicuri e rapidi per organizzare, gestire, e soprattutto evitare di essere scoperto. Quindi, non usa le bombole del gas, che pesano, sono ingombranti, hanno poca energia deflagrante. Un professionista si procura esplosivo, leggero, potente. Un professionista non girella a lungo davanti al luogo dell'attentato. Un professionista acceca le telecamere, non va davanti a sorridergli.
Nessuno di questi punti, preso singolarmente, è una prova. Insieme sono indizi ben precisi. Invece è bastato il nome della scuola, e la coincidenza con l'anniversario della strage di Capaci, per convincere che si trattasse del "festeggiamento" della mafia. La necessità di dare una "ragione" al Male.

Ho avuto modo di parlare con alcune persone nei giorni seguenti all'attentato, esprimendo loro le mie perplessità sulle certezze delle indagini. Ho anche azzardato che, vista la scelta di tempo che "ricercava" il passaggio delle ragazzine davanti al cassonetto, si trattasse di una vendetta di qualcuno o contro una di queste giovani, o contro i genitori. La vendetta di uno squilibrato, evidentemente, non una vendetta malavitosa che difficilmente colpisce nel mucchio, in quanto in essa deve essere ben chiaro il destinatario.

Ed ora, dolorosamente, ci si rende conto che invece si tratta della triste, orrenda, banalità del Male.




domenica 3 giugno 2012

Il roccolo

Ieri sera la visita all'oasi WWF di Vanzago, per veder le lucciole. Si, quasi impossibile, mi dicevo. Lucciole alle porte di Milano, in una zona malamente industrializzata, fra autostrade, capannoni, raffinerie, sentieri di avvicinamento a Malpensa.
Eppure basta poco, un muro e tanta buona volontà, per recintare un'area e farla diventare un angolo di paradiso, e rivedere il miracolo di giugno, dei piccoli insetti con la lanterna.

Buio mitigato dalla luna piena che gioca con le nubi. Il bosco che profuma di sera, ed ecco danzare queste piccole luci via via sempre più numerose ed intense. Ma la magia non è data solo dalle lucciole, che non vedevo dai tempi della mia gioventù, in campagna dalle mie parti. No, la magia era quella di camminare nel bosco, buio, con le radure che sembravano soleggiate di luna, gli animali che correvano nella notte. La visita prosegue, si inoltra nelle tenebre. Arriviamo al roccolo. La sotto è buio pesto, i rami della galleria oscurano totalmente la luna, ci vuole la torcia per illuminare questa struttura dedicata alla cattura dei passeri.

Il pensiero corre ai tempi del liceo. Abitavo ancora in montagna. Alla famiglia di un mio compagno apparteneva, appena fuori dal paese, un roccolo. La costruzione non veniva più utilizzata per la caccia, evidentemente. La camera boschiva prospiciente non era mantenuta in funzione, e larghe aperture nei rami ne impedivano l'uso venatorio. Ma a ben altro uso era adibita la struttura. La prima volta che ci andammo, in delegazione, fui ammesso quasi come atto di magnanimità. Alberto ci disse, prima di arrivare: ragazzi, non facciamo casini che sennò mio fratello mi uccide. Entrammo.
Il roccolo è una torretta alta e stretta, di solito su due piani più il piano d'ingresso, talvolta rialzato. E all'ingresso c'era un arredamento non propriamente venatorio: appendiabiti, qualche vecchio mobile. Salimmo la scala a chiocciola, e al primo piano trovammo il nirvana. Stereo, bottiglie di alcolici vari, sigari, divano. Cominciammo a bere, a scherzare, ad ascoltar musica.
La scala saliva ancora, e io salii. Di sopra un'altra stanza, simile a quella sotto, ma il divano era molto ampio, quasi un letto. Non c'era lo stereo, c'era una luce diversa. Di colpo capii quali erano le nuove attività venatorie che si svolgevano nel roccolino, e capii perché i miei compagni passavano da Alberto ad implorare le chiavi del rifugio, anche solo per poter raccontare di aver portato la tipa laggiù..

Sorrisi ai ricordi. Una vita fa. Il richiamo del capriolo si sentiva distintamente nella notte.


mercoledì 30 maggio 2012

Il caffè del mattino

Ancora il caffè sul balcone, al mattino. Il rito della bella stagione, che simula e riprende quello di una volta, del caffè mattutino gustato passeggiando nel giardino.

Osservo i fiori, i miei gerani, le mie sulfrinee. E poi lui, l'oleandro. Ha deciso che è ora di fiorire. Mi si apre il cuore, pensandoci. Anche lui è in salvo. Qui, sul mio terrazzo, ha una nuova vita. E' inondato di sole. Fiorisce.



Mi bevo il caffè...

lunedì 28 maggio 2012

Non so

se esser incazzato che il trasferimento della barca sia rimandato di 15 giorni causa impianto elettrico ancora "in work" (eufemismo per dire che la barca è ancora sventrata), oppure esserne felice visto che per il prossimo weekend è prevista pioggia in abbondanza (ma pensa un po' che novità! finora manco un fine settimana si è salvato...)

E pensare che mi ero comprato già i miei bellissimi nuovi stivali da vela....


venerdì 25 maggio 2012

L'estate sta arrivando. Forse...

Stamane caffè sul balcone. Sole caldo del mattino che attraversa la camicia azzurra, e si stampa sulla pelle. Il prato, li sotto, tosato di fresco. Fino all'anno scorso era il mio lavoro. Ora il mio giardino è qui, sul balcone.
La gatta si struscia fra le gambe, fa festa al sole, al giorno, a me.

L'auto che tanto mi è piaciuta riposa nel garage di mia sorella. Ogni tanto mi capiterà di rivederla. Mi sento quasi come se avessi salvato qualcosa di importante. Solo un'auto che mi rammenta tre anni di vita.

Il cielo è azzurro, un vento con un buon odore. Forse il prossimo we sarà mare, sarà barca, sarà vento. E poi sarà una piccola vacanza. Probabilmente.

L'estate sta arrivando...


mercoledì 23 maggio 2012

Minimi e massimi

Il petrolio è ai minimo del prezzo rispetto agli ultimi 7 mesi.

Qualcuno se n'è accorto?


Années de Pèlerinage

Could I embody and unbosom now
That which is most within me, - could I wreak
My thoughts upon expression, and thus throw
Soul, heart, mind, passions, feelings, strong or weak,
All that I would have sought, and all I seek,
Bear, know, feel, and yet breathe - into one word,
And that one word were lightning, I would speak;
But as it is, I live and die unheard,
With a most voiceless thought, sheathing it as a sword.


Childe Harold's Pilgrimage - Lord Byron


Questo testo annota lo spartito della Vallée d'Obermann, dal primo libro degli Années de Pèlerinage di Liszt.
Ferocemente romantico. Polveroso, se lo si guarda con un occhio troppo avvezzo al catalogo. Enfatico, come la musica. Forse.

Ma quanta energia, quanto sentimento se lo si ascolta....


martedì 22 maggio 2012

Terremoto

Il terremoto emiliano ha tante facce. Ha la faccia del terrore, ha la faccia dello scampato pericolo per le case (quasi miracoloso che le abitazioni, in generale, non abbiano subito danni), ha la faccia della domanda che nasce sulla sicurezza delle costruzioni industriali, che non hanno retto il colpo.

E' la faccia anche di una componente umana fondamentale: l'agricoltura. Chi, come me, è nato nella pianura, conosce le cascine, che nella maggior parte sono ancora le strutture di 50, 100 anni fa. Manufatti di mattone rosso pieno, simbolo della campagna. I pilastri di mattone, i tetti in legno. Le barchesse. Solo le stalle, in generale, sono dei manufatti più moderni, per aderire alle normative più stringenti in termini di igiene, e più funzionali per l'allevamento con meno personale addetto. E queste strutture sono spesso crollate, dimostrando quanto poca attenzione si sia data alla costruzione.

E poi, l'immagine che mi ha colpito. Le forme di parmigiano cadute dalle scalere. Forme danneggiate, rotte. Il formaggio per eccellenza, quello che per primo ricordo da bambino, quello che vedevo fare nel caseificio del mio paese, avevo 4 anni. Quel formaggio che è ogni volta un miracolo della natura. Quel formaggio il cui profumo, appena fatto, giovane, maturo, è scolpito nel mio DNA. La rifilatura del parmigiano, che solo chi abita vicino ad un caseificio e ha un certo numero di anni può conoscere... una bontà senza paragoni.

Tutto quel parmigiano per terra. Distrutto. Poca cosa rispetto ai danni, alle morti da terremoto. Un simbolo forte per chi conosce quella terra e ne è legato.